Un gruppo formato da due fratelli, una bambina e altri due amici si svegliano in una realtà surreale. La maggior parte della gente è diventata non-vivente e va in giro affamata in cerca di cibo, di carne umana da divorare.
Il libro racconta il loro viaggio verso una meta, il così detto centro profughi, in cerca della “cura” per gli zombie, che sono un pericolo imminente.
Sin dal primo capitolo c’è tracce di suspance. La situazione però non fa che peggiorare per i nostri personaggi.
Lo scrittore ha fatto diventare una situazione impossibile da immaginare il più reale possibile, sia dalla descrizione degli zombie :”si muovono come un’unica entità… anche nella morte sono una congregazione unita… come le marionette di un grande burattinaio.”, che dalla presenza dei fattori economici negativi, marchi e negozi conosciuti presenti sul cammino dei “ricercatori della cura”.
Tra alti è bassi non manca la speranza che arrivino alla meta prestabilita. L’intero percorso però è accompagnato dalla stanchezza, dall’ansia di trovare la soluzione, la preoccupazione per il prossimo e il dubbio di come sia accaduto tutto questo.
I protagonisti durante il viaggio si pongono la domanda se i non viventi siano veramente morti e quanto sia morto il loro cervello.
Philip punta la pistola sul poliziotto, che si immobilizza alla vista della bocca dell’arma. Ma Philip non preme il grilletto. Si limita a sorridere e a imitare il rumore di uno sparo con la bocca, come farebbe un bambino: “Psssh-psssh-psssh”.
“Philip, andiamo” dice Brian, spostando il peso di Penny tra le braccia. “Quella cosa non ha nemmeno…”
Brian si ferma e guarda.
Il poliziotto morto è come paralizzato dalla vista della Ruger puntata sulla sua faccia. Brian si chiede se il suo rudimentale sistema nervoso centrale stia in qualche modo inviando un segnale a un lontano muscolo della memoria sepolto tra le cellule cerebrali morte. La sua espressione cambia. La faccia mostruosa crolla come un soufflé marcio e il morto vivente sembra quasi triste. O forse spaventato.
La situazione surreale ha effetti collaterali anche sulla psiche dei personaggi, in quanto agiscono in modo da mettere in pericolo loro stessi in più situazioni. Così continuano per la loro strada, cercando di ipotizzare cosa abbia scatenato l’inferno in terra. In un mondo del genere non c’è posto per la tranquillità di una bambina, che continua a chiudersi in se stessa ad ogni ostacolo incontrato, così, con l’aiuto dello zio, si inventa un posto sicuro chiamato “lontano”.
Proseguendo nel loro tragitto trovano un’ondata di fetore, repulsione e nausea senza un attimo di pace.
La bellezza del libro e la capacità di scrittura di Kirkman e Bonansinga sta anche nel trasmettere ai lettori una visione cupa di quello che accade, tanto che quando appaiono gli “azzannatori”, le immagini nella nostra testa diventano scure, lo scenario si svolge al buio finché non leggi dell’arrivo del tramonto e ti rendi conto che era ancora giorno.
Sempre in cerca di un’ancora di salvezza i personaggi soffrono di distacco dalla realtà, cambiamenti della personalità e atteggiamenti aggressivi dettati dalla stanchezza, fame o semplicemente sete di vendetta. La loro cruda realtà, “il loro mondo sta crollando a pezzi”, la loro esistenza diventa sempre più insopportabile, piena di dolore e rancore.
Nick guarda gli occhi incavati di Brian. “E quello che sta succedendo qui, Brian. Il Diavolo ha trovato un modo per tenere le anime delle persone intrappolate sulla terra”.
La voglia di vendetta nel protagonista principale lo trasforma in un essere atroce capace di far soffrire persone innocenti, gli altri… devono prendere provvedimenti.
Infine, il personaggio più “fifone” finisce per fare cose che mai avrebbe nemmeno osato pensare. Diventa l’esecutore di fatti che prima giudicava e così scopre che neanche la morte è più forte dell’amore nei confronti delle persone care. La morte non è niente quando non hai più nessuno…
Nonostante tutti gli avvenimenti drammatici accaduti, nelle semplici parole finali del “Governatore” regna una raggio di luce e speranza… futuro.
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